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Il libro

 

Libertà

Il fascista Ugo Tognazzi, alias Primo Arcovazzi, e l’antifascista Georges Wilson, alias Professor Erminio Bonafè, ne discutono nel film "Il Federale".

Arcovazzi: - Secondo voi cos’è la libertà? -

Bonafè: - La libertà è venire da me che sono, mettiamo, capo del governo, aprire la porta e dire: “Bonafè è un fetente”. Lei può fare questo, adesso? -

Arcovazzi: - Ma certo. Vado da Mussolini, apro la porta e dico: “Bonafè è un fetente!”. -

 

1977-2007 Nonsolomemoria

Devo dire che in trent’anni, per seguire la mia coerenza, di carriera politica ne ho fatta veramente poca.

Il ricordo ci aiuta a capire qual è la nostra storia, la nostra provenienza e, in parte, a riflettere sul nostro futuro.

Quest’anno ricorrono i miei trent’anni di impegno in politica (non di “carriera”).

Era il 1977 quando decisi, a soli diciassette anni, di iscrivermi alla Federazione Giovanile Comunista Italiana:(...)

Era un brutto anno per iscriversi a un qualsiasi partito. In particolare il PCI e i suoi aderenti erano oggetto di aggressioni verbali e spesso fisiche.

 

La fatica di pensare

Liberamente ispirato da un articolo del Dott. Alessandro Aleotti direttore della webzine Milania.

Il centrosinistra deve smetterla di appiattirsi sulle tesi dell’antipolitica.

I costi della Politica sono quelli della Democrazia.

Oggi la principale delle nostre fatiche non risiede nello sforzo fisico o lavorativo, bensì nello sforzo mentale, cioè in quell’attività di pensiero che sembra ormai sparita dalla nostra dimensione collettiva e che, anche individualmente, diventa una pratica sempre più desueta.

Purtroppo, la storia ci insegna che la carenza di pensiero (o, per usare le parole di B. Brecht, il “sonno della ragione”) genera “mostri”.

 

Discariche

Concordo pienamente con un recente contributo di Vittorio Zucconi: 

“Napoli è l’'ammalato più grave dell’'ospedale Italia”. 

Le immagini che hanno fatto il giro del mondo e i dibattiti che hanno riempito telegiornali e “talk show” hanno segnato Napoli come un caso eccezionale. 

Io, nonostante sia un “provinciale”, torinese di nascita e astigiano d’adozione, a Napoli ho vissuto un certo periodo della mia vita.

 

Marshall e McCarty

Il nome che ci siamo dati evoca delle suggestioni: “Partito democratico”, come il “Democratic Party” americano.

In questi giorni di fasi organizzative e scelte delle candidature, sono stato testimone di fatti spiacevoli.

Anche alcuni compagni e alcuni amici mi hanno descritto, in territori diversi dal mio, delle situazioni simili, leggo infine sui giornali di liti che si protraggono ormai da svariati mesi.

Fatti e situazioni che mi hanno fatto tornare alla mente due personaggi della recente storia degli Stati Uniti d’America: il senatore repubblicano Joseph McCarthy e il democratico George Marshall, Segretario di Stato del governo Truman.

Ho avuto l’impressione che, in chi arriva alle riunioni organizzative con le tabelle riguardanti il conteggio dei voti delle ultime politiche o con la ripartizione dei delegati ai congressi della scorsa primavera o ancora con i risultati delle primarie, ci sia la ricerca della divisione e della contrapposizione.

In loro si riconosce chi vuole vedere sempre, in ogni campo e in ogni ambiente, la realtà come dipendente dall’azione di due principi opposti, tra i quali debba esistere un eterno conflitto insanabile sul quale giocare per far prevalere le proprie posizioni.

Ovvero lo spirito del “maccartismo”. 

Occorrerebbe invece un atteggiamento più vicino al “piano Marshall”: la condivisione del proprio “macinato”, delle proprie ricchezze e delle proprie vittorie anche con gli sconfitti.

Non una “beatificazione laica”, ma un patto per condividere successivamente ideali e obiettivi.

Nessuno deve rinunciare al proprio ruolo per via di un cavillo scritto, per chissà quale volontà di “nuovismo”, in uno statuto.

Ma per favore, il manuale Cencelli, con i suoi quarant'anni di ingloriosa storia, è ora di dimenticarlo in soffitta!

 

La politica in mutande

Chiudo con un’'amara riflessione sullo sfascio morale della politica italiana e sull’'impossibilità di mettere dei punti fermi: la politica aggiunge ogni giorno nuovi elementi, muta quotidianamente, mentre l’'economia, e con essa la società, resta ferma e immutabile. 

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